Miyajima

Miyajima

mercoledì 1 luglio 2015

Strette di mano


Circondato. 

La sensazione, già provata troppe volte, è quella di essere nel posto sbagliato.

Mi ripeto che è il mio lavoro, che il mio sostentamento è legato anche a queste riunioni, che c’è chi sta peggio.

Eppure, il ronzio nella mia testa continua incessante.

- Possiamo cominciare allora. Prendete cortesemente posto



E pensare che l’ultima volta era stato tutto il contrario. Un contesto formale, cravatte, pose calcolate, frasi di circostanza. Falsi, avevo detto trattenendo la voglia di urlare il mio disgusto. Falsi e figli di un mondo che non mi appartiene, edificato su menzogne ed ingiustizie.
Oggi, invece, niente cravatte. Persone vestite in modo casual, senza particolare cura.

- Ciao, piacere Corrado Savelli

Bisbiglia la persona accanto a me, mentre sfoggia un sorriso da sopra la sua 
t-shirt blu. Io, ingessato nel vestito con tanto di cravatta rispondo a mezza bocca, semplicemente pronunciando il mio cognome, sperando che sia sufficiente. Mi ha dato del tu, penso.
Forse è una mancanza di rispetto, forse no. Eppure mi sento infastidito.

- Signori, per favore. Cerchiamo di dare inizio ai lavori

Siamo già con un’ora di ritardo. Nessuno sembra preoccuparsene, anzi. Nessuna formalità, ma qui si esagera.
Non va bene, neanche questa volta. Due riunioni, due realtà antitetiche che hanno generato in me la stessa sensazione di disagio. Due mondi opposti che non riescono a farmi sentire parte del sistema. Le parole del presidente (ma chi è che ha preso la parola?) procedono senza che ne colga davvero l’essenza.
C’è un’unica verità. Tutto ciò che non va è dentro di me.

Gli altri, loro, sono ben inseriti nel contesto, oggi come le altre volte. Sono io, il mio lavoro, forse la mia vita ad essere del tutto sconnessi.

- Grazie

Salgo sul palco ringraziando per l’invito e spendendo qualche parola di circostanza.
Espongo il mio intervento. 
Qualcuno chiacchiera con la mano davanti alla bocca, qualcun altro sfoglia pagine su un tablet sbadigliando. Alla fine un applauso. 
Ringrazio mentre ripongo i fogli nella cartellina che porto con me insieme al vestito con tanto di cravatta. Torno al mio posto chiedendomi quale sia la percezione di quella gente nei miei confronti. 
Ricaccio il pensiero indietro evitando di darmi una risposta.
La riunione prosegue senza che il mio disagio si plachi.

Torno in ufficio e solo a tarda sera mi dirigo verso casa.



I miei pensieri ripercorrono la giornata e le sensazioni che ho provato. Poi entro in casa e trovo sorrisi ad accogliermi. I miei cari, le mie passioni, le mie cose. Sono tutto fuorché un pesce fuor d’acqua.

È notte.

Sono vivo.