Rimane lontano
il ricordo del vento lungo le spalle. Quasi l’avevo dimenticato.
“Ilaria puoi venire qui un secondo?”
Il suo nome lo
ricordo anche se non mi appartiene più e a volte sembra non essere mai
appartenuto alla mia vita. Ripercorro con religiosa pazienza ogni momento che
la memoria riporta all’attenzione.
“Ilaria mi stai ascoltando? Riesci ad essere sveglia
questa mattina? Ti sto chiamando da più di cinque minuti!”
“Arrivo, davvero. È che ho un po’ di male al petto…”
Come faccio a
spiegare che nella mia testa non alberga più niente se non un volto? Più che un
volto, forse uno spettro. Ho sempre pensato, in verità, che certe cose accadessero
a donne deboli; eppure mi ritrovo
invischiata anch’io ad avere pochi motivi per andare avanti.
“Comunque, ti dicevo, va sistemata la merce che sta in
magazzino. Poi, quando hai finito di là vieni qui a darmi una mano con la
vetrina. Dobbiamo sistemare meglio l’esposizione e poi… Ilaria? Ma che hai?”
Un improvviso
senso di vomito mi giunge fino alla gola. Una ragazza come me non dovrebbe
avere di questi problemi. Non sono più un’adolescente che si perde inseguendo
un amore impossibile, ma che devo fare. Questo è quello che succede quando non
si è poi tanto forti. Così penso almeno. Cosa posso fare? l ricordi corrono
veloci all’altra sera. Un ritorno a casa come tanti altri, una nottata
trascorsa senza tante pretese. E pensare che non più di qualche mese fa avevo
bisogno nient’altro che di lui… senza soluzione di continuità direbbero le persone
brave…
“Niente, assolutamente niente. È solo che non mi sento
tanto bene, ho un po’ di dolore al petto. Credo che oggi sia meglio per me
andare a casa.”
“Se non ti senti bene non ti preoccupare, continuo da
sola e più tardi arriva Giulia. Vai pure.”
Liquidata. Come
sempre. Un’altra volta.
Altri ricordi si
susseguono uno dietro l’altro e più si rincorrono e più ho voglia di andarmene
da qui. Mi allontano, vedo lontano la mia auto e improvvisamente mi appaiono
ricordi di tanto tempo fa, non riesco nemmeno ad immaginare quanto.
Avverto odori che
non sento da secoli, rivedo nitidamente la luce riflessa del vino sulla
tovaglia macchiata. Le sue mani, i suoi occhi.
Ilaria, ora non
ho nient’altro che te.
È strano pensare
che, tornando sola verso le mie mura domestiche, non riesca ad avere piena
cognizione di quanto sia accaduto. Troppe volte ho visto davanti alla porta di
casa la persona, anche se non credo possa essere definita tale, che ha generato
tutti i miei mali. Ho trovato su quella soglia le mie paure, i miei rimpianti,
le mie allucinazioni. Ho trovato anche un uomo a supplicarmi di tornare con lui,
a spiegarmi come io sia l’unica.
Esco per strada
e con difficoltà mi avvicino alla mia auto, sembra quasi fatta. Ancora una
volta sopravvissuta.
“Signorina, si sente bene? Le serve aiuto? Signorina riesce a sentirmi?”
“Sì, tutto bene, è solo che non riesco ad aprire la
portiera dell’auto.”
Ilaria non posso
vivere senza di te.
“Signorina, lei sta tremando, mi dia la mano… Signorina?”
Crollo
liberamente a terra. Tocco il suolo ma sento scomparire sotto di me l’asfalto.
Ogni livido sul mio corpo è come una
sanguisuga. Sento ancora portarmi via il sangue dalle sue mani. Sento ancora la
mia immobilità.
Mentre tutto
questo accade, credo davvero di essere unica, la sola ad aver avuto la forza di
resistere aggrappandomi alla voglia di vivere. Tutte le altre evidentemente non
ce l’hanno fatta come me. Io sono stata più forte. Ho saputo nascondere il mio
dolore. Sia quello del corpo sia quello dell’anima.
“Chiamate un’ambulanza presto!”
In lontananza
una sirena. Sento aprire gli sportelli posteriori, scendere un letto su delle
ruote.
È arrivato il momento
di tornare a vivere.