Miyajima

Miyajima

mercoledì 12 febbraio 2014

Storia di violenza ed indifferenza


È vero. Non lo rinnego. Passeggiavo distratto quando ho visto tre ragazzi prendersela con un loro coetaneo, un loro pari.
Lo hanno insultato, poi strattonato. Erano alti, grandi e grossi. Nei loro occhi ho visto rancore e violenza, ma anche solitudine e sconforto. L’altro era come loro, vestito allo stesso modo, ma era da solo. Ha detto qualche parola a testa alta, ha tenuto botta e ha strattonato uno dei tre. Pare che il motivo del contendere fosse uno sgarbo al semaforo. Uno sguardo di troppo mentre diventava verde e l’acceleratore rombava furioso.
Così sono scesi e hanno deciso di regolare i conti.
Mentre camminavo tra i miei pensieri ho sentito insulti che non ho voglia di ripetere.
Poi uno di quei tre ha spinto più forte e quello da solo gli ha dato un pugno. L’altro ha contraccambiato immediatamente e quello è finito a terra. Sono iniziati i calci, mentre le parole continuavano a volare come in precedenza.
Hanno continuato tutti e tre ad accanirsi. Quello ha smesso di dire parolacce e ha provato a divincolarsi. Uno ha tirato fuori un coltello dalla tasca. Il tempo si è fermato per un attimo. Era lì, sopra quello a terra con il labbro spaccato. Era stato un crescendo che stava per avere un tremendo epilogo.
Ma io passeggiavo in quel momento. Così ho tirato dritto, ho superato la scena e non saprò mai come è andata a finire. Sono tornato nei miei pensieri, aggiungendo un ricordo ad altri migliaia.
Passeggiavo quando ho visto due auto ferme al semaforo con la musica ad alto volume. Erano lì, accanto a me. Poi, non so come, sono volate parole grosse, parole di odio e di sfida, di chi ha poco da perdere e poche certezze sul proprio futuro.
Hanno sgommato e lasciato le auto sul marciapiede.
Sono scesi e io passeggiavo proprio lì.
Erano tre contro uno, ma la spavalderia era la medesima. Stesse parole, stesse minacce, stesse offese. Si sono spintonati, uno contro l’altro, come alci che si prendono a cornate, ma senza un motivo che riuscissi a comprendere veramente.
Poi quello da solo ha dato un pugno sul volto ad uno dei tre. Un colpo secco.
Il suo amico però è corso subito in difesa. Pum! Un pugno diretto. Altri improperi e altre botte. Quello era solo e stava avendo la peggio. Ehi, fermi! Fermatevi subito.
Ho urlato contro di loro. Si sono fermati per fortuna. Quello da solo respirava affannato dopo aver incassato un paio di calci. Per forza, da solo contro tre.
Eppure, col fiato corto e il labbro spaccato mi ha guardato negli occhi e mi ha detto con una strafottenza che non avevo mai visto “che vuoi? Fatti i cazzi tuoi e vattene!”.
Avrei voluto essere pronto e rispondere con risolutezza, ma non capivo. Quel ragazzo stava per essere picchiato e aggrediva me che volevo salvarlo.
Insomma, basta, fatela finita. Ho aggiunto, camminando verso di loro, come se stavolta potessero finalmente comprendere il significato delle mie parole.
“Ehi, ma allora non ci senti”, ha detto uno dei tre. Si era dimenticato in un attimo del tipo che stava picchiando e venendo verso di me ha urlato “levati dal cazzo”.
Nel frattempo gli altri dietro si stavano guardando di nuovo con odio, pronti alla resa dei conti non appena avessero allontanato il loro piccolo problema che li infastidiva.
Un attimo dopo, il tipo dell’ultima minaccia mi ha spinto come fossi uno di loro. Avrei dovuto arrabbiarmi? Reagire? Picchiarlo? Invece mi sono limitato a dirgli che era da codardi picchiare uno in tre. Al che, senza che mi accorgersi di nulla, mi sono accorto che erano in quattro contro uno. Mi hanno colpito un paio di volte, ma mi sono difeso. Poi uno ha tirato fuori un coltello e senza remore me lo ha piantato in pancia. È uscito sangue come da una fontana. Sono scappati di corsa. Sono risaliti in macchina, si sono minacciati e dati appuntamento non so dove.
Io ero ancora a terra. Non in pericolo di vita, ma dannatamente dolorante. Avrei voluto gridare aiuto, ma era giorno! Cavolo, pieno giorno! Possibile che nessuno mi vedesse sporco di sangue e accasciato su un fianco?
In quel momento passava di lì un signore. Ho incrociato il suo sguardo e ho aperto gli occhi con la felice convinzione che ero a posto, salvo. Quello però ha spostato il volto e tirato dritto verso casa, perso nei suoi pensieri.

1 commento:

  1. Mi hai ricordato la parabola del Buon Samaritano, e mi ha fatto venire i brividi questa storia, come vorrei che fossero solo racconti o film... e come vorrei che non ci fosse tutta questa rabbia nei nostri cuori. Se mi dovessi trovare in una situazione del genere, spero che Dio mi dia il coraggio e il cuore di fare la cosa giusta. E' così bello vivere nell'amore!

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