È un tema vasto, difficile e delicato. Ragionavo però
su un fatto. Se consideriamo la nostra società odierna e la confrontiamo con
una di duemila anni fa vediamo che, da un certo punto di vista, siamo meno
liberi. Poiché la complessità, soprattutto a livello globale, è aumentata in
modo vertiginoso e le possibilità di uscire dal sistema sono diminuite in modo
drastico. Mi spiego meglio. Oggi quasi non è possibile ignorare le leggi
(almeno alcune), non essere identificabili, vivere in modo isolato o decidere
di fondare una nuova città con nuove regole. Probabilmente, tutto questo era
più semplice duemila anni fa. La domanda successiva è: chi sta meglio? Viste le
mie aspettative di vita, la qualità della stessa, il fatto che non debba
preoccuparmi di guerre o carestie e che ho accesso ad una
quantità di agevolazioni (cibo, possibilità di viaggiare, di studiare, di
divertirmi…) mi fa dire che scelgo questo tempo.
Ora, il passo speculare del ragionamento
(semplicistico, per carità) è: supponiamo che tra cento, mille, diecimila anni
(fate voi) il progresso porterà a migliorare le condizioni della vita a tal
punto che non esisteranno guerre, povertà, conflitti e che il mondo sarà
popolato da una massa di persone felici e spensierate, ma poco libere.
Lo spunto è Il Mondo Nuovo di Huxley, in cui ogni
essere umano, da embrione a defunto, segue dei binari ben precisi a seconda
della propria classe sociale di appartenenza, risultando anche felice di essere
ciò che è. Una buona dose di “soma” e di intrattenimento consentito e la vita
scorre senza problemi (addirittura senza vecchiaia).
Quindi, in questo ipotetico futuro, l’assenza completa
di libertà, di poter decidere della propria vita ha portato alla felicità e
alla risoluzione di una gran parte dei problemi dell’umanità.
Verrebbe da applicare un banale sillogismo: io sto
meglio di un antico romano perché sono più felice, ho più possibilità,
salute…etc. seppure sono meno libero.
Allo stesso modo, un ipotetico abitante del Mondo
Nuovo sta meglio di me perché è più felice, ha più possibilità, salute…etc.
seppure è meno libero.
Non sembrano stare così le cose. Per gioco ho chiesto
l’opinione ad alcune persone: sarebbero pronte a sacrificare totalmente il
libero arbitrio per la felicità globale? Essendo peraltro inconsapevoli
dell’assenza di arbitrio e, quindi, senza sentirne il peso?
La risposta è stata no, no, no. Unanime.
Quindi, dove sta il confine tra il caos e una società
organizzata a tal punto da distruggere il libero arbitrio? Qual è il modello
che coniuga perfettamente la libertà con l’opportunità, il singolo con il
collettivo, il libero arbitrio con le scelte comuni. Non sono sicuro che il
nostro mondo si stia muovendo nella direzione giusta. Probabilmente il giusto
compromesso, o qualcosa che ci si avvicini molto, è ancora lontano da
raggiungere e, forse, la nostra stessa natura ci impedirà di raggiungerlo.
Chiudo con l’immagine di Cypher di Matrix che mangia una
succulenta bistecca creata ad arte dalle macchine e sarebbe felice di vivere
nell’ignoranza del mondo fittizio che però è in grado di regalargli tante belle
emozioni che non sono altro che impulsi inviati al cervello e non vissuti
veramente.