Miyajima

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lunedì 9 dicembre 2013

I problemi della società. Solo colpa delle istituzioni?


Problema: avere un problema non è necessariamente colpa di qualcuno o qualcosa. Potremmo avere un “Problema” ad esempio per il solo fatto di essere noi stessi. Di conseguenza, visto che “siamo” necessariamente noi stessi, perché il resto del mondo deve continuare a rompere fin nel profondo? E in più, perché là dove non ci siano poi tanti temi da approfondire oppure tante considerazioni da sostenere non facciamo altro che dire che è colpa di questo o di quello? OK, non mi nascondo, sono cresciuto con il concetto di colpa ben radicato nel profondo del mio sentire. Qualcosa come: “Attento che poi prendi il raffreddore!” oppure “Guarda che poi se cadi è colpa tua e di nessun altro” o ancora “Tesoro è colpa tua se hai saputo dare più attenzioni a quella di quante ne abbia date a me”. Ebbene, partendo da questo presupposto di colpa, riusciamo a individuare quello che in questo momento ho necessità di esprimere. Non è un problema degli altri, è un problema nostro. Certamente. Ci lamentiamo continuamente di quello che vediamo la sera davanti allo schermo, ci lamentiamo perché tanta corruzione non è poi sopportabile, perché in fondo niente di quello che accade ci sembra appartenere. In fondo non ci somiglia no? Navigando come un disperato, seguitando a tamburellare sul telecomando nell’attesa di trovare quel tasto che sicuramente mi porterà alla verità delle cose, incappo in una di quelle trasmissioni in cui i politici si divertono a litigare e cercano di parlare dei problemi degli altri (addirittura di un Paese!) quando invece si palesa come l’unico loro interesse sia legato, nella migliore delle ipotesi, alla propria progenie. Non resisto, l’aspirina non fa effetto e nemmeno l’aulin che ho ingurgitato accenna un timido effetto lenitivo. Nonostante ciò, di fronte all’ennesima promessa di riscatto e di ripresa, sento il bisogno di cambiare aria. Precipitosamente mi rivolgo verso il primo specchio della casa, corro fin nel bagno e prima scoperta: lo specchio è pulito e per nulla appannato. Reazione: sconcerto puro! Ecco vedete, i problemi  (anche quelli attesi) possono anche (molto raramente) non manifestarsi. Inizio a crogiolarmi su quanto la mia attività e la mia attenzione verso i particolari mi renda un uomo nuovo. Si, esclamo al mio cuore. Tutte quelle menate zen sono vere, ho iniziato a capire che il primo passo nasce da me ed ecco, tutto può migliorare con piccole azioni. Pienezza d’animo, piena realizzazione, quasi metempsicosi. Mi riprendo però dall’idea di una produzione di koan a riguardo. Lascio la verticale su come si debba o si possa essere. Lascio il tempo scorrere. Passano alcuni secondi e scopro che due: lo specchio non è poi tanto pulito quanto credessi. In fondo non ci avevo nemmeno tanto creduto. Sconfitta, ma nemmeno poi tanto. Quasi pareggio. Tre: la persona davanti allo specchio è sicuramente la migliore. Meglio di quanti sono seduti sugli scranni del potere, delle decisioni, meglio sicuramente di quanto possa immaginare il miglior movimento politico, di origine comica o meno, di questo Paese Italia. Insomma, diciamo la verità, chi di noi guardandosi a fondo non trova poi il meglio che questo suolo Mediterraneo può (possa) offrire? Alla fine del percorso svaniscono tutte quelle fastidiosissime idee di disgusto, di ripudio, di odio verso ciò che non funziona.  “Ah, maledetti Voi. Governo ladro!” Certo si. Vero, credo sia proprio così. Continuando però a guardare nello specchio noto che non posso mentire più di tanto.

Vero, in fondo quella persona davanti  a me sull’autobus è sicuramente anziana (la veneranda età si manifesta certo dalle rughe e dal generale avvizzimento della pelle, non meno però dall’abbigliamento che non lascia scampo a immagini peterpanesche). Sicuramente la signora è in piedi mentre io sto con il sedere spaparanzato sopra questo fantastico sedile deturpato da acronimi e simboli celtici. Sicuramente uno di noi due ha più bisogno dell’altro di mutare la propria posizione. Sicuramente uno di noi due ha bisogno di capire come possa essere possibile arrivare a tanto, se questa poi (credo di pensarlo solo io questo) debba essere ogni santa mattina la mia personale storia. Lo stop della fermata mi lascia trascinare il busto in avanti con un vago moto inerziale, la signora imperterrita davanti ai miei occhi ha completamente abbandonato l’idea del perché e del come. Ebbene, cosa mi spinge a non alzarmi? In fondo posso in qualsiasi momento, lo so. Sono sicuro, lo posso fare. E poi c’è da dire che probabilmente la nonna (o presunta tale) non ne ha neanche bisogno. Poi l’inaspettato, si rovescia la busta con le 4 mele prese al mercato, una croce di d’aglio si lascia cadere quasi fin sotto la mia seggiola, intorno qualcuno cerca invano di mimare un accenno di aiuto. Niente. Immobilità. Solo in questo momento nasce l’esigenza, da parte di un temerario vicino a me, di porgere il proprio trono, guadagnato probabilmente attraverso una sacra prenotazione. La signora, esterrefatta da tanta magnanimità, sicuramente non più abituata a tanta umanità, sorride e come nulla fosse prende a parlare con una sua coeva, che le siede immediatamente dietro e che fino a quel momento sembrava appartenere ad un altro spazio o dimensione. Le uniche voci che separano la mia personalissima vergogna da tutto il resto sono lamenti che squarciano il mio, apparente, silenzio. Guardo in basso, accenno un sorriso verso la neo eletta nonna del mese ed ascolto una voce chiara e nitida da qualcuno davanti vicino al conducente. “Che traffico, che casino… che schifo di governo”. Si è vero, che schifo. Uno stupendo e comodo schifo.

“Scusi scende alla prossima?”

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