Problema: avere un problema non è necessariamente
colpa di qualcuno o qualcosa. Potremmo avere un “Problema” ad esempio per il
solo fatto di essere noi stessi. Di conseguenza, visto che “siamo”
necessariamente noi stessi, perché il resto del mondo deve continuare a rompere
fin nel profondo? E in più, perché là dove non ci siano poi tanti temi da
approfondire oppure tante considerazioni da sostenere non facciamo altro che
dire che è colpa di questo o di quello? OK, non mi nascondo, sono cresciuto con
il concetto di colpa ben radicato nel profondo del mio sentire. Qualcosa come:
“Attento che poi prendi il raffreddore!” oppure “Guarda che poi se cadi è colpa
tua e di nessun altro” o ancora “Tesoro è colpa tua se hai saputo dare più
attenzioni a quella di quante ne abbia date a me”. Ebbene, partendo da questo
presupposto di colpa, riusciamo a individuare quello che in questo momento ho
necessità di esprimere. Non è un problema degli altri, è un problema nostro.
Certamente. Ci lamentiamo continuamente di quello che vediamo la sera davanti allo
schermo, ci lamentiamo perché tanta corruzione non è poi sopportabile, perché
in fondo niente di quello che accade ci sembra appartenere. In fondo non ci
somiglia no? Navigando come un disperato, seguitando a tamburellare sul
telecomando nell’attesa di trovare quel tasto che sicuramente mi porterà alla
verità delle cose, incappo in una di quelle trasmissioni in cui i politici si
divertono a litigare e cercano di parlare dei problemi degli altri (addirittura
di un Paese!) quando invece si palesa come l’unico loro interesse sia legato,
nella migliore delle ipotesi, alla propria progenie. Non resisto, l’aspirina
non fa effetto e nemmeno l’aulin che ho ingurgitato accenna un timido effetto
lenitivo. Nonostante ciò, di fronte all’ennesima promessa di riscatto e di
ripresa, sento il bisogno di cambiare aria. Precipitosamente mi rivolgo verso
il primo specchio della casa, corro fin nel bagno e prima scoperta: lo specchio
è pulito e per nulla appannato. Reazione: sconcerto puro! Ecco vedete, i
problemi (anche quelli attesi) possono
anche (molto raramente) non manifestarsi. Inizio a crogiolarmi su quanto la mia
attività e la mia attenzione verso i particolari mi renda un uomo nuovo. Si,
esclamo al mio cuore. Tutte quelle menate zen sono vere, ho iniziato a capire
che il primo passo nasce da me ed ecco, tutto può migliorare con piccole
azioni. Pienezza d’animo, piena realizzazione, quasi metempsicosi. Mi riprendo
però dall’idea di una produzione di koan a riguardo. Lascio la verticale su
come si debba o si possa essere. Lascio il tempo scorrere. Passano alcuni
secondi e scopro che due: lo specchio non è poi tanto pulito quanto credessi. In
fondo non ci avevo nemmeno tanto creduto. Sconfitta, ma nemmeno poi tanto.
Quasi pareggio. Tre: la persona davanti allo specchio è sicuramente la migliore.
Meglio di quanti sono seduti sugli scranni del potere, delle decisioni, meglio
sicuramente di quanto possa immaginare il miglior movimento politico, di
origine comica o meno, di questo Paese Italia. Insomma, diciamo la verità, chi
di noi guardandosi a fondo non trova poi il meglio che questo suolo
Mediterraneo può (possa) offrire? Alla fine del percorso svaniscono tutte
quelle fastidiosissime idee di disgusto, di ripudio, di odio verso ciò che non
funziona. “Ah, maledetti Voi. Governo
ladro!” Certo si. Vero, credo sia proprio così. Continuando però a guardare
nello specchio noto che non posso mentire più di tanto.
Vero, in fondo quella persona davanti a me sull’autobus è sicuramente anziana (la
veneranda età si manifesta certo dalle rughe e dal generale avvizzimento della
pelle, non meno però dall’abbigliamento che non lascia scampo a immagini peterpanesche). Sicuramente la signora è
in piedi mentre io sto con il sedere spaparanzato sopra questo fantastico
sedile deturpato da acronimi e simboli celtici. Sicuramente uno di noi due ha
più bisogno dell’altro di mutare la propria posizione. Sicuramente uno di noi due
ha bisogno di capire come possa essere possibile arrivare a tanto, se questa
poi (credo di pensarlo solo io questo) debba essere ogni santa mattina la mia
personale storia. Lo stop della fermata mi lascia trascinare il busto in avanti
con un vago moto inerziale, la signora imperterrita davanti ai miei occhi ha
completamente abbandonato l’idea del perché e del come. Ebbene, cosa mi spinge
a non alzarmi? In fondo posso in qualsiasi momento, lo so. Sono sicuro, lo
posso fare. E poi c’è da dire che probabilmente la nonna (o presunta tale) non
ne ha neanche bisogno. Poi l’inaspettato, si rovescia la busta con le 4 mele
prese al mercato, una croce di d’aglio si lascia cadere quasi fin sotto la mia
seggiola, intorno qualcuno cerca invano di mimare un accenno di aiuto. Niente.
Immobilità. Solo in questo momento nasce l’esigenza, da parte di un temerario
vicino a me, di porgere il proprio trono, guadagnato probabilmente attraverso
una sacra prenotazione. La signora, esterrefatta da tanta magnanimità, sicuramente
non più abituata a tanta umanità, sorride e come nulla fosse prende a parlare
con una sua coeva, che le siede immediatamente dietro e che fino a quel momento
sembrava appartenere ad un altro spazio o dimensione. Le uniche voci che
separano la mia personalissima vergogna da tutto il resto sono lamenti che
squarciano il mio, apparente, silenzio. Guardo in basso, accenno un sorriso
verso la neo eletta nonna del mese ed ascolto una voce chiara e nitida da
qualcuno davanti vicino al conducente. “Che traffico, che casino… che schifo di
governo”. Si è vero, che schifo. Uno stupendo e comodo schifo.
“Scusi scende alla prossima?”
Nessun commento:
Posta un commento