Esistono luoghi che non ci permettono di
essere diversi, di divenire altro.
In quei luoghi è come se, dopo aver solcato i
mari di mezzo mondo, divenissimo navi in bottiglia. Questi luoghi, soffocanti
per certi versi, mantengono sfacciatamente una viscerale attrazione. Sono lì, a
guardarti dalle loro mura, dai loro lampioni, dalle loro strade con lo stesso
sguardo di chi hai tradito. Ho lasciato da non molto quello che mi apparteneva
così come da non molto parlo una lingua che non mi appartiene. Adesso, quasi
per caso, mi ritrovo a camminare lungo la strada di quella che una volta
chiamavo “Casa”, lungo la strada che per me vedeva il sole salire, crescere... scomparire.
Intorno qualche maceria, per lo più case ferme e vuote come i tronchi degli
alberi mangiati dai tarli.
-
Sei sveglio? –
-
Sì. E tu? –
-
Anch’io. Non riesco a prendere sonno… E’
tardi vero? –
-
Quasi le tre –
-
………………. -
- Stavi battendo i denti poco fa, forse stavi
sognando qualcosa di brutto –
- Non lo ricordo. Non lo riesco più a ricordare
-
Dalle finestre, dove la Domenica si
espandevano odori di carne al forno e le trecce di aglio venivano prudentemente
nascoste alla vista, oggi non vedo che il buio di stanze abbandonate. Per la
strada poca gente in giro, sparuti temerari che cercano di portare la vita là
dove la vita non ha potuto che andarsene.
Mi fermo davanti al ciglio di una porta,
guardo attentamente una malandata cassetta delle lettere piena fino al colmo di
carta. Sulla strada ancora un tappeto, lacero ormai, con la scritta Benvenuto.
In quell’istante ricordo il mio primo arrivo
nella città che mi ospita, dove sono fuggito per provare a dimenticare. In un
istante le immagini ritornano alla memoria, volti diversi dal mio, odori
lontani che prendono alla gola, lingue in cui non riesco a riconoscere alcuna
musicalità. In poco tempo, senza neanche sorprendermene, ho creduto di divenire
altro. Lontano da quello che ero, più vicino a quelle condizioni necessarie per
definirsi salvo. Da queste parti il
giorno è grigio così come la notte luce. Da queste parti le persone non hanno
paura di uscire, di vivere le loro vite. Da queste parti probabilmente non
hanno mai visto i bagliori della notte, le grida di chi ami, l’affondare delle
mura che ti circondano.
-
Questa sera è freddo, molto freddo –
-
Siamo ormai ad Aprile –
-
Non ho voglia di dormire, abbracciami –
-
Di cosa hai paura? –
-
Di nulla, ho solo freddo. Stammi vicino -
Distacco la vista dalle carte a terra,
pubblicità di almeno qualche anno fa, e riprendo a muovermi in un posto che dall’abbandono
sembra divenire quasi incantato.
Da qualche parte ho letto che contro i
terremoti non vale la fuga, non giovano nascondigli.
Mentre rifletto su queste parole lungo il mio
corso, da lontano, sento una serranda aprirsi e vedo l’ombra di un uomo entrare
nel proprio negozio. Intorno tutto rimane fermo, come se il fragore del metallo
che si infrange lungo le guide di scorrimento non importi a nessuno. Solo
qualche uccello, in lontananza, accenna una tiepida fuga. Rimango immobilizzato,
quasi impaurito dal fare qualsiasi tipo di rumore. Siamo in pieno giorno eppure
non credo di riconoscere differenze dalla più profonda notte.
D’improvviso l’uomo, scomparso dalla vista
poco prima, riappare. Questa volta ha con se una scopa e con la stessa inizia a
pulire davanti l’uscio del suo negozio.
Forse la speranza l’ho di nuovo incontrata.
-
Perché è successo? –
-
Non lo so, ma non ho più sonno -
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