Miyajima

Miyajima

mercoledì 11 marzo 2015

Borgo


Sensazioni: nebbia fitta, silenzio, umidità.

Odori: legna che arde

Rumori: tacco che cozza sulla dura pietra

Quadro: “Viandante sul mare di nebbia” (Der Wanderer über dem Nebelmeer), olio su tela di Caspar David Friedrich, 1818.




Musica:  “October” - Evanescence



Sono vecchia. La salita che da casa mia porta al piccolo orto che curo con amore da quasi sessant’anni è sempre più lunga e faticosa. I primi freddi cominciano ad arrivare ed il mio camino ha da pochi giorni ripreso a sbuffare fumo dal comignolo, spargendo per la mia casa un odore fin troppo familiare che nessun riscaldamento potrà mai sostituire.
Questa mattina c’è un po’ di nebbia. Non ho bisogno di vedere per trovare il mio cammino, semplice, ripetitivo, rassicurante. Senza contare che la mia vista non è più quella di una volta.
Il cigolio del piccolo cancello che mi separa dal fazzoletto di terra si disperde nel silenzio.
Nessuno ascolterà i miei passi, il rumore della mia fatica, il canto della terra che cresce.
Ormai vivo sola in questo borgo dimenticato da tutti, persino da Dio. L’ultimo parroco se ne è andato dieci anni fa e non è mai stato sostituito. La chiesa in pietra in cui pregavo da bambina è solo un soprammobile in attesa della visita periodica di un incaricato che la pulisce.
Claretta, l’amica di una vita, se ne è andata un paio di anni fa, lasciandomi sola a vivere in questo borgo che assomiglia sempre più ad un presepe.

Mi chino a raccogliere un cavolfiore, due carote. Strappo via qualche foglia, pulisco le piantine che tra poco affronteranno l’inverno. Sono gesti che ripeto da anni, che compio automaticamente, che coccolano la mia routine quotidiana.

Da bambina eravamo in molti da queste parti. Una comunità che tirava avanti con semplicità. Eppure, il nostro piccolo mondo era pieno di tutto quello che ci serviva. Mi viene in mente la mia maestra Caterina e la bottega di Umberto.

A poco a poco se ne sono andati tutti, compresi Luca e Francesca, i miei due figli. Vivono in città e vorrebbero che io mi trasferissi da loro. Dicono che qui sono sola, che fa freddo, che non c’è un medico, che, che, che. Capisco la loro premura motivata da un enorme affetto.
Ci riprovano di tanto in tanto, ma dentro di loro, forse, sanno che non lascerò la mia terra, la mia casa, la mia vita. È qui che so come vivere, è qui che so come morire.

Non resisterei un minuto lontano dalle mie cose. È che qui che ho conosciuto mio marito e che ho costruito il futuro dei miei figli. Sono una donna semplice con un viso solcato da rughe in grado di raccontare storie dimenticate da tutti. Forse non servo a molto, sono solo un baluardo di un mondo che non c’è più. Un ultimo guardiano ignorato dall’umanità. Ma non sarò mai un peso per nessuno.

Willy, il fedele cane che mai mi abbandona, mi corre incontro dopo una corsa. Ho le mani sporche di terra, ma lui non ci fa caso e mi porge la testa per farsi carezzare.
È un bravo cane.

Alzo lo sguardo verso il cielo, la nebbia si è diradata e ha lasciato spazio ad un sole magnifico. Il tempo di una passeggiata verso la madonnina e poi a casa per preparare il pranzo.

È la mia vita.

- Andiamo Willy!





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