Fermo ogni dialogo subito sul nascere, non mi importa di
essere sgarbato.
Trascorro il mio tempo a lavorare, ad ascoltare, ad
immaginare le cose.
Immaginarle come dovrebbero essere.
Sono in un continuo stato di trance. Mi sveglio, mi vesto, vengo qui al lavoro e penso che in fondo sia come salire su un'auto e mettere il cambio automatico. Rispondo il più delle volte, alle
persone che continuamente mi chiedono ordinazioni, senza nemmeno ascoltare.
Procedo dritto come il treno sul suo binario. Un treno di cui
non conosco la destinazione.
- Un caffè
per favore.
Continua ogni momento di queste mie giornate ad essere
infinito
- Un
cappuccino poco schiumato e un cornetto quando puoi.
- Per me una
spremuta per favore.
- Andrea ci pensi tu?
Abbiamo un cappuccino poco schiumato, una spremuta e il caffè del signore è macchiato.
Annuisco. Guardo basso e non rivolgo parola, nemmeno a me
stesso. Vedo fuori la tiepida luce del mattino pronta a riflettersi sulle ampie
vetrate di questo luogo. Davanti a me la macchina del caffè che conosco meglio
del lavandino di casa mia.
Mi ci tuffo dentro ogni volta come se dovessi detergermi il
volto. Prendo le tazze una ad una con una perizia certosina.
Non ne avverto quasi
più il peso e la consistenza.
Penso che se qualcuno un giorno dovesse chiedermi
di cosa sono composte queste tazzine non saprei rispondere. Certo porcellana,
vetro… toccare un oggetto tutti i giorni della tua vita ti porta ad essere più
attento ad assegnare significati.
- Andrea quando hai
finito per favore passa la scopa qui davanti la cassa, la signora di prima non
ha avuto nemmeno la cortesia di chiedere scusa…
- Subito.
Riesco a parlare e questo ogni volta mi sorprende.
Vedo
fuori e dentro di me, vedo dentro gli occhi della gente.
Riconosco quello che
provano, quello che pensano.
Quello che immaginano che io sia.
Si intervallano da ormai anni, ogni giorno, miriadi di
storie di uomini e donne.
Storie che pesano sui loro volti, li segnano. Davanti ai miei occhi è inutile provare a
nascondere ciò che si prova, riconosco ogni emozione dell’avventore. In ognuna
di quelle facce riconosco ciò che le stesse cercano di celare.
Abbandono,
stanchezza, dolore, frustrazione, paura,
superbia, gioia.
Anche le cose più belle vengono sempre celate dietro un
cortese “quando puoi”, dietro l’ennesimo “per favore”, attraverso una mal celata
tranquillità che nasconde la frenesia del momento. Vedo le passioni del momento
dietro ogni richiesta. Ascolto quello che le labbra serrate non riescono ad
arginare. Ogni volta, dietro a queste persone, inizio a pensare. Batto il caffè
all’interno del suo contenitore, lo stringo forte nell’apice della macchina
davanti a me ed immagino l’acqua bollente inoltrarsi lungo le serpentine che concludono
il loro percorso nel caffè che ho appena tamponato.
In ognuno di questi percorsi vedo la vita di chi ho davanti.
Vedo lo sguardo di una donna fermo davanti a sé. Fissa i chicchi di caffè e
dentro ognuno di essi sembra perdersi.
Mi volto, le porgo il caffè che mi
aveva chiesto e senza battere ciglio mi chiede se poco prima era passato un
uomo di alta statura, con i capelli bianchi e una giacca blu.
Rispondo di non ricordare. La verità. Sono sicuro che si sia
inventata il tutto per provare a vedere cosa si prova ad essere alla ricerca di
qualcuno.
Passo avanti, il mio turno sta per finire.
Raccolgo gli
ultimi spiccioli della mancia, mi tolgo la camicia da lavoro e saluto i
colleghi che chiudono il turno. La giornata è
quasi finita.
Esco e un tramonto armonioso, rimbalzando dietro la porta a
vetri, disegna il mio volto.
- Scusa hai da
accendere?
- No, mi spiace. Ho
smesso.
Il prossimo libro?
RispondiEliminaPresto! Intanto si lavora :)
Eliminami piace, molto! :-D
RispondiEliminaCiao Loriana! Grazie per il commento :)
EliminaIncantato! Grazie mille!
RispondiEliminaGrazie Federico! A presto!
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