Miyajima

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mercoledì 5 marzo 2014

Norme e cerotti


Una forbice mi scappa di mano. Una goccia di sangue compare sul dito e rischia di cadere sulla mia scrivania. Lavoro in questo laboratorio da poco tempo. Un po’ imbarazzato mi dirigo verso la cassetta del pronto soccorso che ho identificato qualche giorno fa. Non voglio disturbare nessuno per questa sciocchezza. Sono lì per aprirla, per cercare un cerotto, ma sento una voce alle mie spalle: “che fai?”
“Cerco un cerotto, mi sono tagliato” dico mentre esibisco la ferita come a voler sottolineare quello che sembra del tutto evidente. A rivolgersi a me è Flavia, lavora in segreteria.
“Non aprire la cassetta, quella deve rimanere intatta. Vieni di là, ti do io un cerotto”. La seguo perplesso. Un attimo dopo tira fuori un cerotto da una cassetta del pronto soccorso, simile a quell’altra. Non capisco. Mi spiega che la prima cassetta, quella in bella mostra e che conoscevo io, deve rimanere intatta perché in caso di controlli da parte della sicurezza sul lavoro deve essere tutto a posto.
Me ne torno alla mia scrivania quasi stordito. Nell’ufficio c’è una cassetta del pronto soccorso che serve solamente ad essere ispezionata e che però non serve a nulla in sostanza. Ragiono su quante volte le nostre azioni siano volte a soddisfare una norma nella forma e non nella sostanza. Penso alla revisione dell’auto. La facciamo senza preoccuparci (noi e l’autofficina che la esegue) che tutto sia veramente a posto. Però abbiamo il timbro da esibire alla pattuglia di turno. La revisione della caldaia, alcune tasse, gli esami all’università. Già, studiamo per il pezzo di carta o per imparare davvero?
Ma anche il codice della strada. È costruito per far funzionare la circolazione? Rispettiamo i limiti e le indicazioni perché abbiamo la percezione che stiamo facendo la cosa giusta, per la nostra e l’altrui sicurezza?
La mia risposta, mentre mi siedo sulla poltrona nera con lo schienale ortopedico a norma a cui la mia schiena ancora non si è abituata, è no.
C’è una distanza abissale tra ciò che facciamo per una ragione sostanziale e ciò che facciamo perché ci viene detto. Eppure, in molti casi ed in teoria, le due cose dovrebbero coincidere.
Quindi, in qualche modo, decontestualizziamo le nostre azioni. A livello sociale questo fatto ha una forte implicazione. Mi perdo nei pensieri. Cerco una relazione causa effetto che sia legata alla realtà dei fatti, alla società, alla nostra crescita globale, ma non la trovo.
Mi sento smarrito.
Vedo una sottile scia di sangue rompere l’argine del cerotto. Avrei bisogno di una garza sterile per tamponare. Senza esitazione, vado in bagno ed uso la carta igienica.

4 commenti:

  1. Questo post tocca temi molto vasti e di grande importanza. C'è il risvolto piscologico, l'assurdità di un certo modo di ragionare, la forma prima della sostanza, su cui maggiormente ti soffermi. Ma c'è anche un tema che coinvolge nel profondo alcuni meccanismi di funzionamento della società. Pensiamo alle Authority, alle autorità di vigilanza, agli organismi di garanzia che dovrebbero proteggere i consumatori, i risparmiatori, gli azionisti, i cittadini etc. Firmiamo in continuazione moduli per dare o negare il consenso al trattamento dei dati personali, eppure in quale epoca la privacy è stata peggio protetta di adesso? Tutte le leggi e tutte queste istituzioni di controllo nascono sempre come risposta a qualche grave e concreto problema, o a vere e proprie situazioni di crisi. I loro obiettivi quindi sono sempre condivisibili. Poi, piano piano questi strumenti diventano un semplice "linguaggio" sganciato dalla realtà. Un linguaggio che da una parte procura potere e posti di lavoro, dall'altra parte diventa una noiosa incombenza, un pedaggio, un "balzello" a cui sottostare per cercare di continuare a fare le cose più o meno come prima. Perchè sostanza e forma tornino a coincidere ci dovrebbe essere intelligenza nell'applicazione delle norme, essenzialmente da parte di chi è chiamato a controllare. Se questo succede oppure no, ognuno lo può giudicare nella propria esperienza quotidiana. Ma non lo dico con sarcasamo: ci sono cose che funzionano e altre che non funzionano, la verità non è mai tutta da un parte. Diciamo che fatta la norma, perchè non ci sia inganno occorrono comportamenti corretti e una buona dose di impegno da parte di tutti: controllori e controllati. E qui si apre un universo perchè tra i comportamenti umani le situazioni sono le più varie...

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  2. Pierpaolo, grazie per l'ulteriore riflessione. Condivido quello che scrivi. Il tema è molto vasto e l'ho solo sfiorato nel post, altrimenti avrebbe richiesto un altro tipo di scritto. Concordo sul fatto che, spesso, il linguaggio usato dalle istituzioni si allontana dalla realtà e dall'obiettivo iniziale. Poi alcune cose funzionano, altre no. Ma temo che in pochi, anche nelle istituzioni, riflettano in tal senso.

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  3. Saggia riflessione e bellissmo post.
    Condivido pienamente anche l'intervento di Pierpaolo Valfrè.

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