Sono davvero felice, incredibile.
Continuo a prendere sul
serio le cose eppure, nonostante ciò, ho davanti a me ogni volta un nuovo
disegno.
Perché sono così
soggetto agli umori che la musica che ascolto mi genera?
Sono sempre stato convinto che
quello che conta, per vivere davvero
bene, possa essere riassunto in un
quieto mantra come: “Vivi e lascia vivere”.
Ah ah ah, davvero divertente. Non
c’è niente di meno vero pur essendo, lo riconosco, un bel motto da rivendersi con gli altri. Una di quelle cose da sputare fuori mentre lo sguardo non riesce ad
alzarsi dalle tette di chi si ha davanti.
Non è così. Non lo è per me e non lo è per nessuno.
Quello che conta è rompere le palle
al prossimo sforzandosi magari di andare contro se stessi. Questa è la vera
regola.
Perché
un breve passaggio di chitarra, una di quelle con il “treble” alto mi fa
ancora venire la pelle d’oca?
Leggo sui giornali, svogliato, storie insensate e una
costante ricerca di accumunare un popolo. Magari ricordando gli spot pubblicitari
degli anni ’80.
Ah ah ah, di quei discorsi in cui ci si ricorda l’albero di
natale, con le candele, il coro…
I gruppi che suonano
indie rock sanno di essere indie rock?
Quante cazzate lontano dagli sguardi di chi non riesce a
guardarci negli occhi.
Ho la soluzione però, scendo giù in piazza, mi fermo al primo tavolino del bar davanti la
tabaccheria e rovisto qua e la tra chi insieme a me fa da Sfondo a tutto il
resto. Vedo giovani bambini rincorrere altri loro coetanei sotto gli occhi
stanchi dei loro genitori. Una ragazza sulla quindicina si avvicina al nonno,
fermo davanti la sua edicola, e chiede informazioni su non so bene cosa. Il cameriere si avvicina e mi serve il mio
caffè.
Ho sempre invidiato
quelle persone che continuano a suonare in gruppi underground pur non avendo l’età anagrafica per poterlo fare.
Quelli che suonano il loro basso come fosse ogni volta la prima volta.
Quelli
che terminano la loro esibizione imprecando gratuitamente.
Il fatto è che penso sempre a te.
Guardo le persone intorno correre via verso la prima stazione
possibile, così come le signore anziane ritornare dalla messa del Sabato sera. Ricerco
in ognuna di loro un ritratto di quello che potresti diventare.
Mi chiedo quanto tempo mi separi da tutto ciò.
Mi chiedo dell’oblio.
Voglio essere dentro ad ogni nota della mia Vita, dentro
ogni pausa.
Pronto ad ascoltare ogni distorsione che la realtà mi proporrà.
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