Miyajima

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sabato 26 luglio 2014

Prospettive

Sono Laura Pellegrini, fondatrice e presidente della Pellegrini S.r.l., una società che offre servizi e consulenza a professionisti di diverso genere. 

Così mi presento in occasioni come quella di oggi. Un convegno che durerà fino a domani.

Lavoro in un contesto prettamente maschile e questo mi ha logorato per molto tempo.

Ho sempre pensato di dover andare avanti a testa alta, con gentilezza e determinazione, fregandomene delle accuse misogine che mi vengono rivolte. Per affermarmi, spesso devo combattere di più dei miei colleghi uomini e ogni mio errore è sempre foriero del pregiudizio sessuale.

Lo ammetto, a volte divento presuntuosa o pretenziosa perché voglio dimostrare di essere all’altezza. Poi mi pento e mi trovo sola con i miei silenzi.

Sono una che ce l’ha fatta, ma che ogni giorno deve affrontare una sfida con il mondo, per il solo fatto di essere donna.

Partecipo spesso a gare di appalti. Le prime volte è stato un incubo. Cercavo di presentarmi vestita per bene, per fare bella figura, magari con un tailleur.

“Hai visto com’è vestita? Pensa di vincere facendo vedere il culo!"

Sentivo i commenti. Morivo dentro. Ho cambiato tattica, pantalone lungo e largo.

“Sembra un uomo! Poveraccio chi se l’è presa!”

Sbagliata e fuori luogo. Sempre e per molto tempo. Poi ho capito che potevo ritagliare il mio spazio, trovare persone che mi apprezzassero infischiandomene dei commenti che avrei ricevuto per tutta la mia vita. È stata dura. Non è facile comportarsi con lucidità, quando anche qualche tuo dipendente pensa che sei un’incapace a prescindere. Qualcuno ha addirittura insinuato che sono al mio posto perché mi ci ha messo un uomo a cui mi sono concessa.

Ridicolo, già. Ma le notti insonni le ricordo bene. Come le crisi di nervi e le volte che ero sul punto di mollare tutto. Pianti ed umiliazioni.





Ora sono seduta all’aria aperta, in un minuscolo balcone di un albergo di provincia. Sono sola dopo un sabato trascorso al convegno di Federimp, un’associazione di imprese a cui ho aderito come presidente della mia società.

Ci sono poche opache stelle a farmi compagnia, a cullare i miei pensieri in attesa che il sonno arrivi a sfocare i ricordi di questa giornata.

Il primo intervento del pomeriggio è stato di un baldanzoso ragazzo con diversi anni meno di me. Non ricordo il nome, ma non ha fatto altro che vantarsi. Durante la cena l’ho sentito più volte definirsi “Spada”, circondato da qualche donna abbagliata dal suo modo di fare da esibizionista. Il denaro attrae sempre, accompagnato poi da una parlantina sciolta ed un Rolex al polso.

“Non vi dico neanche la fatica che faccio a gestire il mio team. Cinquanta persone che si rivolgono a me per ogni cosa, pure per allacciarsi le scarpe. Ma io ci sono sempre, per tutti. Sono un po’ il loro punto di riferimento. Ci sono pure cinquantenni che ancora non hanno capito come fare il lavoro. È lì che interviene Spada. Tesoro, hai un sorriso che toglie il fiato.”

Come al solito, sono rimasta appena defilata dal centro dell’attenzione. Ho scelto un tavolo con un paio di persone che conoscevo. Gli altri non li avevo mai visti. Abbiamo parlato del più e del meno, ma a prendere il sopravvento è stato l’avvocato. Un certo Giorgi.

Prima mi ha dato un suo biglietto da visita, quasi chiedendomi scusa. Poi mi ha raccontato una storiella appresa da qualcuno sul suo studio.

Alla fine è diventato un fiume in piena. Ha parlato un’ora su come la vita non gli appartiene più, di come la società stia andando in rovina, di come l’essere umano sia depauperato del proprio intimo significato.

“Sono stanco, mi capite? Vorrei cominciare ad essere me stesso, senza indossare maschere.” 

Gli antipodi. Un ragazzo esaltato ed un uomo di mezza età in cerca di se stesso. Eppure, sono entrambi prigionieri del loro stereotipo, della loro maschera. Forse ognuno di noi ne ha una.

Per fortuna, una non la vesto più da tempo.

Sento il telefono vibrare sul tavolino di vetro

È quasi mezzanotte.

Sblocco il telefono e chi mi ama  mi augura buonanotte.

Ho la mia vita.

Questo è quello che conta. Davvero.

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