Miyajima

Miyajima

giovedì 3 luglio 2014

Spada


Vengo proprio ora da un incontro importante. 

L’adrenalina ancora scorre a fiumi nel mio sangue. 
Ho vinto, come al solito ho vinto.

C’era un solo posto disponibile. Il presidente aveva detto che ce lo giocavamo noi, i responsabili delle quattro aree principali della mia azienda. Io dirigo l’area nord est ed ho sotto di me una cinquantina di persone. Sono il più giovane responsabile ed ho una marcia in più.

Aumento di stipendio e importante passo avanti nella carriera. Mi è bastato seguire alla lettera le parole del nostro presidente. Ho mostrato un grande attaccamento al lavoro, ho rinunciato a qualche sabato ed ho portato avanti i nostri ideali: cura per la soddisfazione del cliente e per la qualità. Sorrisi e strette di mano, incoraggiamenti ai miei sottoposti, parole che hanno fatto breccia.
Cazzate forse, ma quando si è arrivato al dunque hanno contato. Nessuno è andato a vedere il mio lavoro. Hanno pesato le mie parole, i miei atteggiamenti.

Pesoli, il responsabile del centro Italia, è un tipo riservato. Pare sia un gran lavoratore. Ma solo per come si veste si è fatto fuori da solo. Non può pensare di venire in ufficio con vestiti da quattro soldi, magari pure spettinato ed essere rispettato. I dipendenti vogliono un leader, qualcuno che dica loro come comportarsi, qualcuno che sia bello ed impeccabile. Pesoli se ne sta sempre davanti al computer. Lavora, lavora, lavora, senza rendersi conto di quello che gli gira intorno. Sarà sempre una mezza tacca ben al di sotto del sottoscritto.
Biffi e Costantitini invece, sono altri tipi. Biffi è una donna tutto sommato capace, è solo troppo convinta della parità dei sessi, della giustizia, del fatto che c’è meritocrazia e balle del genere. L’uomo è fatto di altra pasta. Mi è bastato provocarla un po’, dire qualche frase ad effetto per farla andare su di giri. Si è arrabbiata e mi ha preso a male parole, davanti a testimoni. Poi ha fatto girare delle e-mail di propaganda in cui diceva le solite cavolate sulla dignità, sulla società, sul rispetto. Al capo non sono piaciute molto. È apparsa come un’eversiva e si è fatta fuori da sola.
Costantini è un osso duro. Abbiamo fatto carriera insieme, rapidamente. Ma c’era un solo posto, una sola promozione. Ho dovuto lavorare un po’ anche su di lui. Mi sono fatto aiutare da qualcuno. Ho oliato qualche meccanismo e sono uscite lamentele e notizie non del tutto vere sul suo conto. Qualcuno ha messo in giro voci sul suo conto, sul suo modo di lavorare, sul fatto che ultimamente è apparso un po’ distratto e che bada più a se stesso che all’azienda.
Niente di grave, però ho vinto io.
Spada. Mi chiamavano così già da ragazzo. Ho conservato questo soprannome e ne vado fiero. Ho una marcia in più, non posso negarlo. Qualcuno non capisce, pensa che io sia un arrivista. Io rispondo, sì, sono una che vuole arrivare in alto. Per farlo non hai altre strade. È la legge della sopravvivenza.
Ma che ci posso fare?

Il mio decalogo? Ve lo dico:
  • Amo i soldi
  • Amo il potere
  • Amo le belle donne
  • Un orologio di prestigio vale più della simpatia di un collega
  • Ferrari, Porsche e Lotus
  • Un vino d’annata è un vino d’annata
  • I perdenti seguono le regole
  • Amo i luoghi esclusivi
  • Mors tua vita mea
  • Chiamatemi Spada


Non venite a fare moralismi. Il mondo gira così da sempre. Basta solo apparire come si deve. Davanti hai una bella donna? Basta fare il romantico che si interessa alla gastrite del suo gatto del cavolo e sorridere quando vedi un neonato che si vomita addosso.
Sei di fronte al gran capo? Fai vedere che sai la lezione che ti propina ogni giorno.
Parli con un fesso? Fottilo.
La scala del successo è fatta anche di questo. Non rinuncerei ad un cocktail sul mio attico solo perché l’idiota di turno ha avuto un problema che danneggia la mia carriera.
È dura ammetterlo, ma sono il migliore.
E stasera si festeggia con ostriche e champagne e, ovviamente, con le donne giuste.

Chiamatemi Spada.

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