Vengo proprio ora da un incontro
importante.
L’adrenalina ancora scorre a fiumi nel mio sangue.
Ho vinto, come
al solito ho vinto.
C’era un solo posto disponibile.
Il presidente aveva detto che ce lo giocavamo noi, i responsabili delle quattro
aree principali della mia azienda. Io dirigo l’area nord est ed ho sotto di me
una cinquantina di persone. Sono il più giovane responsabile ed ho una marcia
in più.
Aumento di stipendio e importante
passo avanti nella carriera. Mi è bastato seguire alla lettera le parole del
nostro presidente. Ho mostrato un grande attaccamento al lavoro, ho rinunciato
a qualche sabato ed ho portato avanti i nostri ideali: cura per la
soddisfazione del cliente e per la qualità. Sorrisi e strette di mano,
incoraggiamenti ai miei sottoposti, parole che hanno fatto breccia.
Cazzate forse, ma quando si è
arrivato al dunque hanno contato. Nessuno è andato a vedere il mio lavoro.
Hanno pesato le mie parole, i miei atteggiamenti.
Pesoli, il responsabile del
centro Italia, è un tipo riservato. Pare sia un gran lavoratore. Ma solo per
come si veste si è fatto fuori da solo. Non può pensare di venire in ufficio
con vestiti da quattro soldi, magari pure spettinato ed essere rispettato. I
dipendenti vogliono un leader, qualcuno che dica loro come comportarsi,
qualcuno che sia bello ed impeccabile. Pesoli se ne sta sempre davanti al
computer. Lavora, lavora, lavora, senza rendersi conto di quello che gli gira
intorno. Sarà sempre una mezza tacca ben al di sotto del sottoscritto.
Biffi e Costantitini invece, sono
altri tipi. Biffi è una donna tutto sommato capace, è solo troppo convinta
della parità dei sessi, della giustizia, del fatto che c’è meritocrazia e balle
del genere. L’uomo è fatto di altra pasta. Mi è bastato provocarla un po’, dire
qualche frase ad effetto per farla andare su di giri. Si è arrabbiata e mi ha
preso a male parole, davanti a testimoni. Poi ha fatto girare delle e-mail di
propaganda in cui diceva le solite cavolate sulla dignità, sulla società, sul
rispetto. Al capo non sono piaciute molto. È apparsa come un’eversiva e si è
fatta fuori da sola.
Costantini è un osso duro.
Abbiamo fatto carriera insieme, rapidamente. Ma c’era un solo posto, una sola
promozione. Ho dovuto lavorare un po’ anche su di lui. Mi sono fatto aiutare da
qualcuno. Ho oliato qualche meccanismo e sono uscite lamentele e notizie non
del tutto vere sul suo conto. Qualcuno ha messo in giro voci sul suo conto, sul
suo modo di lavorare, sul fatto che ultimamente è apparso un po’ distratto e
che bada più a se stesso che all’azienda.
Niente di grave, però ho vinto
io.
Spada. Mi chiamavano così già da
ragazzo. Ho conservato questo soprannome e ne vado fiero. Ho una marcia in più,
non posso negarlo. Qualcuno non capisce, pensa che io sia un arrivista. Io
rispondo, sì, sono una che vuole arrivare in alto. Per farlo non hai altre
strade. È la legge della sopravvivenza.
Ma che ci posso fare?
Il mio decalogo? Ve lo dico:
- Amo i soldi
- Amo il potere
- Amo le belle donne
- Un orologio di prestigio vale più della simpatia di un collega
- Ferrari, Porsche e Lotus
- Un vino d’annata è un vino d’annata
- I perdenti seguono le regole
- Amo i luoghi esclusivi
- Mors tua vita mea
- Chiamatemi Spada
Non venite a fare moralismi. Il
mondo gira così da sempre. Basta solo apparire come si deve. Davanti hai una
bella donna? Basta fare il romantico che si interessa alla gastrite del suo
gatto del cavolo e sorridere quando vedi un neonato che si vomita addosso.
Sei di fronte al gran capo? Fai
vedere che sai la lezione che ti propina ogni giorno.
Parli con un fesso? Fottilo.
La scala del successo è fatta
anche di questo. Non rinuncerei ad un cocktail sul mio attico solo perché
l’idiota di turno ha avuto un problema che danneggia la mia carriera.
È dura ammetterlo, ma sono il
migliore.
E stasera si festeggia con
ostriche e champagne e, ovviamente, con le donne giuste.
Chiamatemi Spada.
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